lunedì 18 luglio 2011

VERONA. È tornato in Italia per un periodo di vacanza padre Fabio Gilli, 76 anni, trentino, missionario comboniano cieco e fondatore in Togo di Centri per ragazzi non vedenti, realtà sostenute concretamente da tempo anche dall'associazione Santa Lucia. «Porto riconoscenza per quello che fate», ha detto il religioso, di passaggio a Verona. Non vedente, da anni ha scelto di vivere tra i giovani ciechi dell'Africa, gli ultimi tra gli ultimi. Per aiutarli. Proprio lui che, ancora ragazzino, un giorno a scuola fu l'unico dei suoi compagni a non alzare la mano quando un missionario chiese alla classe di piccoli scolari chi volesse seguirlo nel Continente nero.
«Quel missionario è partito ma le sue parole non sono partite dal mio cuore», ci racconta oggi nella Casa madre dei comboniani. La sua malattia agli occhi, che andò progressivamente peggiorando fino a ridurlo alla completa cecità, gli fu diagnosticata nel 1956 quando era studente a Verona. Nel 1963 viene ordinato sacerdote. Nel 1965 parte per il Togo dove rimane alcuni anni e poi si reca a Parigi assieme a dei teologi comboniani.
«A Parigi», ricorda, «l'oculista mi disse che non c'era più niente da fare. Era giovedì 20 settembre 1973», precisa. «È stato un anno di dura lotta in me, non accettavo questa situazione, pregavo molto e negoziavo un po' col Signore». Poi aggiunge: «Ho avuto fiducia in Lui e subito tutte le paure sono sparite, ho ritrovato il gusto di essere missionario, di ripartire, di annunciare il Vangelo e da quel giorno è cominciata a sorgere in me una luce nuova che aumentava man mano che la luce di quaggiù diminuiva».
A Firenze ha imparato molto velocemente il braille, tanto da meravigliare perfino i suoi insegnanti. Gli è sembrato di «resuscitare», narra. Così ha pensato di portare questa esperienza in Togo. «Ho capito che il Signore mi aveva chiuso gli occhi perché li aprissi alle necessità dei ciechi del Togo, perché prima, quando ero laggiù, non li vedevo». Nel 1982 è iniziata la realizzazione del Centro Kekeli Neva di Togoville, per la scolarizzazione dei ragazzi ciechi, inaugurato nel 1985. Molti di loro adesso sono maestri, professori, altri si stanno laureando, uno diventerà avvocato e ha già fatto il dottorato arrivando quinto su 6.000 partecipanti.
«All'inizio la gente ci guardava incredula e con diffidenza», sottolinea padre Gilli. In tutti questi anni, sono passati per la struttura diverse centinaia di ragazzi. Più tardi nella capitale Lomè, promosso dall'associazione Santa Lucia, è sorto il Centro Santa Lucia dove i togolesi ciechi ed ipovedenti, raggiunta la maggiore età, ricevono una preparazione professionale. Il religioso ci tiene ad evidenziare una coincidenza: «È stato inaugurato giovedì 20 settembre 2007». Qui possono frequentare corsi biennali di tessitura, kinesiterapia, musica e informatica (grazie a computer con speciali tastiere e stampanti braille).
Uno di questi giovani, ora, vorrebbe aprire a Kpalimè una sorta di succursale del Centro per insegnare la chinesiterapia ad altri ragazzi ciechi. Ora è in corso un progetto agropastorale per la coltivazione e la lavorazione della manioca da parte dei ciechi. I Centri, divenuti punti di riferimento per la popolazione, sono gestiti dalle suore della congregazione Notre Dame de l'Eglise.
In Togo il non vedente è considerato maledetto da Dio. Le suore faticavano nei villaggi a convincere i genitori ad affidare i figli ciechi al Centro. Ma la bontà di questi progetti di promozione della dignità umana, che offrono una speranza di futuro ai ciechi (prima destinati solo a fare i mendicanti) ha trasformato la mentalità della gente del luogo. «I ciechi prima venivano insultati, ora sono rispettati», testimonia padre Fabio. Cosa ha imparato dai ragazzi non vedenti del Togo? «La tenacia, la perseveranza, mi hanno insegnato a non perdersi di coraggio, a cominciare e ricominciare», risponde il religioso. Che aggiunge: «Quando sono andato giù constatando la loro miseria, le loro necessità, ho dimenticato i miei mali. Così mi hanno aiutato, aprendomi il cuore».
«È un modo concreto per testimoniare la fede, di evangelizzare», afferma Igino Mengalli, presidente dell'associazione Santa Lucia che da 20 anni è unita da un ponte di solidarietà con i ciechi del Togo (ospitati a Verona l'anno del Giubileo) attraverso adozioni a distanza, raccolta di libere offerte e organizzazione di eventi a favore dei Centri.
Padre Gilli tornerà in Togo il prossimo 30 agosto. Lo accompagnerà Mengalli, che rimarrà laggiù 15 giorni per conoscere e documentare l'evoluzione dei Centri e, quindi, trasmettere poi qui le necessità e stimolare la catena di partecipazione solidale.

Marco Scipolo

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