lunedì 25 luglio 2011

"I COLORI DEL BUIO": un romanzo da leggere tutto d'un fiato!

Amici vi posto la prefazione del libro "I colori del buio! con la sicurezza che susciti a voi la stessa curiosità che ha suscitato in me e vi stimoli la voglia di leggerlo.... Chiara.

"I COLORI DEL BUIO": un romanzo da leggere tutto d'un fiato!

Laura Boerci Filippo Visentin
"I colori del buio" - Ibiskos Editrice Risolo 2009

Prefazione di Daniela Floriduz
È la primavera del 1948. L'Italia, nella decisiva tornata
elettorale del 18 aprile, si appresta a consegnare il proprio
futuro a "due opposte Chiese": quella comunista e quella
cattolica. La Grande Storia irrompe nel microcosmo rurale di Badile,
borgo situato a una decina di chilometri da Milano. La vita di quella
piccola comunità, scandita
dal ritmo eterno delle stagioni e dei riti religiosi, registra
con sgomento e stupore il "nuovo che avanza": i giovani
avvertono la presenza di un futuro che preme, incalzante, inducendoli
a coltivare speranze di riscatto sociale, di una vita diversa da
quella dei padri; le donne sono chiamate a nuove responsabilità
politiche, sono combattute
fra la fissazione tradizionale del loro ruolo e il desiderio di
affermare se stesse e si interrogano su un domani, reso incerto dalla
guerra appena conclusa, dalla miseria imperante. Sullo sfondo,
avanzano, rombando, i nuovi simboli del progresso, dalla Gilera alla
Topolino, premonitori di quell'avvenire industriale del Nord Italia
che esploderà nel boom economico, nel miracolo italiano. Badile è
cifra, metafora di altrettanti paesini adagiati sulle campagne del
Lombardo-Veneto, dove la povertà impone la sua ferrea legge di stenti
e ristrettezze, attivando meccanismi
di solidarietà, di vicinato, ma anche attizzando pregiudizi atavici,
nutriti di pettegolezzo paesano. Su questo sfondo, campeggia la storia
di Sergio e Marta, una storia che
potremmo definire come la traduzione concreta, affettiva, di ciò che
comunemente va sotto il nome di integrazione sociale. I due
protagonisti, infatti, ben lungi dal rappresentare esclusivamente se
stessi, permettono di mettere in scena da un lato il pregiudizio di
classe, dall'altro la disabilità, in particolare quella visiva. Potrà
mai sorgere una storia d'amore tra una contadina ed un ricco borghese,
colpito alla nascita dalla cecità? È una domanda che risuona con
accenti immutati anche oggi, quando tante barriere si sono sgretolate,
anche per effetto dei mass media, che hanno contribuito, in parte, ad
avvicinare le persone, ad estirpare l'ignoranza. Eppure, anche nelle
nostre società cosiddette evolute, è ancora necessario abbattere
innumerevoli cliché fossilizzati che, rendendo miopi gli occhi delle
menti, impediscono di osservare le persone per ciò che sono, al di là
delle loro caratteristiche esteriori. Anche
oggi la "diversità" genera timore, non curiosità e viene vista e
vissuta come un limite, non tanto come una forma di arricchimento,
forse per il disagio inconsapevole che impedisce a molti di guardarsi
dentro, per la paura di incontrare quell'alterità profonda che abita
dentro ad ognuno, alterità con la quale la frenesia della vita
quotidiana vieta di fare concretamente e seriamente i conti.
L'incontro
tra Marta e Sergio è descritto senza accenti di retorica e di
pietismo, due tonalità che accade assai di frequente di incontrare
oggi, in una società che vive di strumentalizzazioni, inducendo di
frequente a distogliere lo sguardo dal nucleo essenziale, problematico
e stimolante della disabilità. Dunque, due universi che,
intrecciandosi, si completano e si estendono, esplorando non solo
tonalità emotive inedite, ma anche un vissuto di esperienze che solo
raramente hanno l'opportunità e la fortunata coincidenza di dilatarsi,
trascendendo se stesse. Dopo l'incontro, qualunque ne sia l'esito,
Marta e Sergio sono entrambi mutati nel profondo, cresciuti, diventati
migliori. Per entrambi, si tratta di una scuola di emozioni di rara
intensità, che conferisce significato e pregnanza ad una vita, resa
grigia dalla miseria da un lato, dall'ingiustizia ottusa della forzata
solitudine dall'altro. Un romanzo di formazione, che descrive il sogno
di non finire con le spalle al muro dopo essere stati espropriati di
un futuro autentico, personale, autonomo, da un destino già assegnato
alla nascita. Un canto alla vita, che esplode con i colori della
primavera e delle speranze tipiche di quella stagione creativa che è
l'adolescenza. Gli autori hanno dipanato la storia osservandola
dall'angolatura prospettica dei vari personaggi,
orchestrando sapientemente il filo della suspance, mantenendo il
lettore in sospeso nei momenti decisivi della narrazione. Hanno saputo
scambiarsi il testimone del racconto in una sorta di staffetta
narrativa, che conferisce equilibrio al romanzo, attraverso un duetto
che, non di rado, esplode nell'unisono. L'impianto assume a volte
un'architettura teatrale, sulla quale le battute dei personaggi si
stagliano, riempiendo la scena. Il linguaggio accarezza,
sfiorandoli, i turbamenti, le intenzioni, i pensieri nascosti nelle
pieghe dell'animo dei personaggi, oppure, assumendo accenti di
brillante ironia, alleggerisce la tensione narrativa, imprimendovi
quella tinta popolare, che è dato di
riscontrare, ad esempio, nella cinematografia neorealista che ritraeva
la stessa cornice storica del romanzo. Piacevolissimi squarci
dialettali, che sembrano quasi sfuggiti
alle labbra dei personaggi, conferiscono spontaneità e colore al
racconto, esaltandone la forza e la vivacità scenica.

Per contattare gli autori:

www.lauraboerci.com

www.filippovisentin.it

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