martedì 4 ottobre 2011

Un campione mondiale. Ignorato

Tommaso Di Pilato ha preso parte a cinque competizioni internazionali. È cieco

SAN GIULIANO. Ha partecipato a cinque campionati del mondo di sci nautico, sempre con la maglia azzurra di componente della squadra italiana. Nell’ordine: 2003 ad Orlando, in Florida (Usa), 2005 a Schoten, in Belgio, 2007 a Tawsville, Australia del Nord, 2009 a Vichy, Francia, nel 2011 a Cincinnati, Ohio (Usa). Cinque competizioni iridate nelle quali si è battuto nelle diverse specialità della disciplina, tra cui slalom, salto, combinata. Il risultato personale è addirittura clamoroso: una serie impressionante di medaglie d’oro, d’argento e di bronzo.Bravo, bravissimo, voi direte. Noi aggiungiamo subito: superlativo. Si, perché Tommaso Di Pilato, del quale stiamo parlando, è cieco, non ci vede proprio, un non vedente in piena regola (purtroppo per lui). Naturalmente i campionati del mondo in questione sono quelli per disabili, dunque non vedenti compresi. L’eccezionalità del risvolto sta nel fatto che, benché cieco, Tommaso è un autentico mago nello sci d’acqua.Ed a llora vediamo di conoscerlo bene questo fenomeno. Nato il 22 gennaio 1965 a Bisceglie (Bari), a sei anni si trasferisce con la famiglia a San Giuliano Milanese. E’ già cieco, tutti i tentativi per salvarlo da un incidente non vanno a buon fine: è un non vedente e tale resterà. Trova lavoro come tecnico all’Asl di Melegnano, ma da qualche mese è in pre-pensionamento. Una vita del tutto normale: l’appartamento autonomo dalla famiglia (abitazione al primo piano di uno dei tanti palazzi sangiulianesi, ordinato e lindo come pochi), la collaborazione preziosa della signora Teresa, tante passioni per la testa, tra cui appunto quelle sportive. Pratica sci alpino, il foot-ball ed altro, ma preferisce lo sci nautico. Tentativi anche di ciclismo: mitico il suo «tour» in tandem con Giancarlo Cosio, disabile senza una gamba, per raggiungere dall’Italia la località di Sarajevo in occasione della visita di Papa Wojtyla: saranno entrambi in prima fila, allo stadio. «L’unica cosa ch e non mi riesce - commenta subito - è il nuoto: sembrerà strano per uno che pratica lo sci nautico, ma non so nuotare, vado a picco, in acqua mi perdo».Il nostro amabile interlocutore ci ricevere nel suo appartamento sangiulianese: ha tagliato i lunghi capelli e veste il gessato che portava ai mondiali, la divisa ufficiale, con tanto di cravatta azzurra. Sul tavolo, la maglia tricolore con le medaglie vinte a Cincinnati.Tommaso, par di capire che la cecità non è poi un dramma.«Beh, non è certo consigliabile a nessuno. Diciamo che, una volta ciechi, devi fartene una ragione. E vivere. Per la verità, a parte quell’incidente infantile, soffrivo già di ritinite pigmentosa, malattia che mi avrebbe comunque portato guai alla vista. Comunque, ho frequentato regolarmente le scuole, pratico la musica a tutto campo, anzi mi considero un compositore. E poi lo sport, che è la mia vera passione, praticato ovviamente con gli accorgimenti usati per i non vedenti. La mia famiglia abita n el palazzo a fianco del mio, siamo ancora molto uniti, ma ho preferito farmi l’appartamento da solo, essere indipendente, non pesare. Guardi che ce la faccio, persino alla grande».Sport a parte, sul quale ovviamente ritorneremo, tu passi per un paladino della causa dei disabili.«Grazie per averlo ricordato: è vero, verissimo. Da sempre la mia battaglia è proprio quella di dimostrare che il disabile ha diritto di vivere normalmente e che la società civile ha il dovere di assecondare tale legittimo intendimento. Trovo invece che qui in Italia la cultura nei confronti degli handicappati è ancora molto arretrata: le mie pur brevi esperienze all’estero in occasione di gare sportive praticate mi hanno insegnato che altrove c’è maggiore consapevolezza, più dignità, assai più senso civico: esiste quella cultura che qui ancora non c’è».Un giudizio piuttosto pesante.«Sarà, ma io parto dalla mia esperienza personale e l’aneddotica di Tommaso Di Pilato è davvero robusta. Non possiamo fermarci a raccontare tutti gli episodi perché ci vorrebbe un libro. No, guardi, siamo in arretrato, anche se vorrei tanto che fosse il contrario. Anche nel campo sportivo è così: un atleta italiano normale che vince ai mondiali viene accolto al suo ritorno in Italia come un eroe, io non ho mai visto, scusi la parola impropria, qualcuno che sia venuto ad applaudirmi quando sono ritornato sia dai cinque mondiali che dagli europei della medesima specialità che da altre gare che ho vinto. Mai successo, eppure sono stato campione del mondo e continentale parecchie volte e le assicuro che i concorrenti a queste gare sono sempre tanti. Spero che questa intervista serva a sensibilizzare, ma il cammino, le assicuro, è ancora piuttosto lungo, purtroppo».Grazie alle tue prodezze sportive hai potuto girare il mondo...«Vero. Probabile che senza lo sci nautico non avrei avuto questa possibilità e devo confermare che nei paesi dove sono stato ti fanno sentire, come disabile, una persona che conta: in Italia questo manca. Pensi ad esempio alla nostra televisione: grande spazio alle gare mondiali per normali, mentre per i disabili zero assoluto, eppure la federazione di competenza può legittimamente andare fiera anche grazie alle nostre medaglie, mie e dei miei colleghi che l’hanno vinta. Probabilmente, siccome non ci sono interessi alle spalle, notizie che ci riguardano non vengono riferite dall’informazione, eppure una medaglia d’oro rappresenta sempre un fatto importante. I normali vengono osannati, noi ignorati».In effetti è vero.«Sì, e questo che mi dà fastidio, ci vuole poco a gratificarci per le nostre imprese, esiste una vera e propria barriera mentale che è più forte del sistema. Lo dico a livello generale, quello comunale compreso. Si viene ignorati, eppure guardi che lo sci nautico è una disciplina che non ti offre la possibilità di riprenderci nel caso di incagli durante la gara: se uno parte male in competizione, viene rispedit o a casa senza remissione. E nella preparazione per le gare iridate, ad esempio, si perdono mesi e mesi di lavoro: che ci sia quanto meno un rientro delle spese di gestione personali, invece niente. D’accordo, siamo spesati durante le trasferte, ma anche qui il vincitore che è normale viene gratificato di premi, a noi rimane solo la medaglia».Parliamo di questa tua ultima recentissima esperienza a Cincinnati.«Intanto ho dovuto adattarmi ad una guida dal motoscafo diversa: Fabrizio Sonzogni, che è stato il nostro tutore da sempre sulla barca, è stato spedito a guidare un’altra squadra nazionale ed il nuovo, Daniele D’Alberto, è... nuovo e quindi devi ricominciare da capo. Nel salto ho preso l’argento dietro Daniele Cassioli, 23 anni, di Gallarate: lui ha saltato 21 metri, io 17 metri. Poi ho vinto l’oro nello slalom, come squadra ci siamo classificati secondi, ma senza due severe squalifiche di nostri atleti (eravamo sette in tutto), avremmo anche potuto aggiudicarsi l ’oro. Io mi alleno da sempre al centro federale Recetto di Novara».Il pallino rimane sempre la “visibilità” del disabile...«Certamente. Scusi il gioco di parole, ma io non intendo “oscurare” nessuno, cerco anzi di “portare la luce”, quanto meno togliere le ombre che ti vengono sempre davanti da parte della società civile. Dei cinque mondiali, limitandoci a parlare di quelli, mi ha entusiasmato maggiormente l’esperienza in Australia. Devo dire che gran parte del merito è stato proprio della nostra guida dalla banca Fabrizio Sonzogni, pilota ed amico, un personaggio inimitabile, capace di rendere allegro l’ambiente azzurro. Guardi, nella nostra disciplina non c’è la regola del Dio denaro, è uno sport pulito ed io lo pratico per amore vero, per partecipare e per vincere. Ma il riflesso rimane sempre quello dell’immagine del disabile: dare luce a che è stato meno fortunato perché merita pari dignità dei normali. Le posso anticipare una notizia ghiotta: par e confermato che i prossimi mondiali di sci nautico si disputeranno nel 2013 qui all’Idroscalo di Milano,praticamente sull’uscio di casa mia, e quindi se verrò convocato come azzurro farò di tutto per continuare la mia battaglia per l’affermazione dei diritti del disabile mediante le vittorie».Problemi con la federazione e le istituzioni?«I rapporti con la nostra federazione sono buoni: certo, non devi pretendere, loro ti danno l’essenziale. Vorrei, detto in generale, venire apprezzato per tutto quel che sono riuscito a fare e che intendo continuare a fare. È vero, sono stato ricevuto dopo la prova mondiale in Florida al Quirinale dal presidente della repubblica dell’epoca Carlo Azeglio Ciampi e devo dire che fu davvero una occasione straordinaria, di grande emozione. Ma per il resto, ripeto che manca la cultura nei confronti dell’handicappato. Io combatto questa battaglia a suon di ironia: scherzo sulla mia infermità, ci metto grande spirito. Nella vita faccio di t utto e guardi che proprio non mi annoio. Mi corre l’obbligo di farle leggere la lettera del presidente della Federazione Italiana Sci Nautico e Wakeboard, Silvio Falcioni: me l’ha mandata il 12 settembre scorso e mi invia «i più sinceri complimenti per i prestigiosi risultati conseguiti nella stagione agonistica 2011 e per le splendide medaglie conquistate ai mondiali». Mi domando perché nessun’altro si è accorto di queste mie imprese. Ma non per me, bensì per la causa dei disabili, sia ben chiaro».

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